Facebook elimina il profilo di un utente per “ritorsione“: condannata al risarcimento del danno
di Riccardo Traina Chiarini
Il Tribunale di Bologna, con una pronuncia ricca di spunti di riflessione, ha recentemente condannato la società Facebook Ireland Ltd. al risarcimento del danno – anche per mala fede processuale, ex art. 96, c.p.c. – nei confronti di un proprio (ex) utente, per l’illegittima cancellazione del proprio profilo da parte della titolare del famoso social network, avvenuta senza alcuna giustificazione valida – anzi, come ha potuto accertare il Tribunale, addirittura motivata da “ritorsione” nei confronti del medesimo utente.
Con l’ordinanza in commento, del 10 marzo 2021, emessa in esito a procedimento sommario di cognizione, il Giudice ha innanzitutto dichiarato la natura onerosa e sinallagmatica del rapporto intercorrente tra Facebook ed i propri utenti, in ragione del fatto che “alla prestazione del servizio da parte del gestore corrisponde il suo interesse ad utilizzare i contenuti, le reti di relazioni e i dati personali dell’utente, a fini di raccolta pubblicitaria”; allo stesso tempo, è stato accertato come in relazione a tale rapporto contrattuale non sia configurabile un “diritto del gestore di recedere ad nutum, atteso che il recesso è espressamente previsto soltanto per l’ipotesi di violazione delle regole contrattuali da parte dell’utente”, con obbligazione del gestore di “informare l’utente delle ragioni della rimozione”.
Alla luce del fatto, quindi, che la resistente non è stata in grado né di sostenere l’indeterminatezza della domanda attorea – ai fini dell’individuazione del profilo cancellato è stata ritenuta sufficiente l’allegazione del nome e cognome del titolare dello stesso e dell’indirizzo email ad esso associato, senza necessità di indicazione dell’URL corrispondente – né di addurre motivazioni a giustificazione della eliminazione dell’account, il Tribunale ha concluso che una tale condotta, “in carenza di qualsiasi violazione delle regole contrattuali da parte dell’utente, e in carenza di qualsiasi informazione all’utente delle ragioni della rimozione, configura un inadempimento del gestore, inquadrabile ai sensi dell’art. 1218 c.c.”, ulteriormente aggravata dal fatto che Facebook, già pochi giorni dopo, avesse cancellato definitivamente dai propri sistemi tutti i dati relativi all’account, con ciò ponendo in essere, oltretutto, “un comportamento negoziale palesemente contrario ai canoni di buona fede e correttezza nell’esecuzione del contratto”, ed anzi sintomatico “di una intenzione soggettiva di provocare un danno ingiusto alla controparte”.
È interessante notare come il Tribunale sia giunto a tali conclusioni anche alla luce del fatto che, da un lato, la circostanza che l’account sia stato eliminato per ragioni di “ritorsione” di Facebook nei confronti del ricorrente non sia stato specificamente contestato dal gestore del social – secondo il Giudicante, in applicazione dell’art. 115 c.p.c., “la contestazione è specifica soltanto quando consiste nell’allegazione di un fatto diverso o d’un fatto incompatibile col fatto contestato. Dunque, non basterebbe neppure negare il fatto allegato dalla controparte, neppure ripetendo pedissequamente e negando in dettaglio le circostanze allegate dalla stessa, posto che la contestazione è specifica soltanto se viene allegato un fatto diverso ed incompatibile” –, dall’altro, la circostanza che Facebook abbia cancellato tutti i dati relativi al profilo rimosso rilevi ai fini dell’assolvimento dell’onere della prova: secondo il Giudice, infatti, “nel caso di specie appare evidente come il principio di vicinanza della prova imponga di assumere che sia qui invertito l’onere della prova, atteso che tutte le prove erano nella piena disponibilità della (sola) resistente, mentre sono del tutto precluse al ricorrente, e che la resistente ha deciso di impedirne la produzione in giudizio”.
Quanto, poi, al danno subito dal titolare dell’account immotivatamente rimosso, Il Tribunale ha innanzitutto ricordato come sia “evidente, secondo massima di comune e indiscussa esperienza, che la partecipazione al social network Facebook rappresenti nell’attualità un elemento rilevantissimo per la vita di relazione dei suoi utenti”, in quanto “Facebook non è solo una occasione ludica, di intrattenimento, ma anche un luogo, seppure virtuale, di proiezione della propria identità, di intessitura di rapporti personali, di espressione e comunicazione del proprio pensiero”. È indubbio, pertanto, che “L’esclusione dal social network, con la distruzione della rete di relazioni frutto di un lavoro di costruzione durato, in questo caso, dieci anni” è suscettibile di cagionare “un danno grave, anche irreparabile, alla vita di relazione, alla possibilità di continuare a manifestare il proprio pensiero utilizzando la rete di contatti sociali costruita sulla piattaforma e, in ultima analisi, persino alla stessa identità personale dell’utente”.
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